Sono 17 gli obiettivi fissati nell’agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile e riguardano nel complesso il benessere umano, ambientale e animale nell’ottica di migliorare in modo trasversale le condizioni di vita in tutti i Paesi del mondo.

Tra di essi infatti non è presente soltanto la lotta al cambiamento climatico o lo sviluppo energetico sostenibile ma anche politiche per la parità di genere, per il contrasto della povertà, per un’istruzione di qualità e molto altro.

Come se la cava l’Italia

Il nostro Paese sconta ancora un rallentamento dovuto alla pandemia che purtroppo ha inciso negativamente non solo sull’economia ma anche sull’innovazione: tutto ciò che stava evolvendo in chiave green ha subito una brusca frenata.

Va tuttavia detto che già prima del 2018 alcuni tasselli chiave dell’agenda sottoscritta nel 2015 presentavano grossi ritardi. Leggendo il rapporto ASviS 2022 (
“Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile”) si evince che l’Italia ha registrato tra il 2010 e il 2021 dei miglioramenti, ma anche dei clamorosi rallentamenti sul percorso tracciato dall’Agenda 2030.

I miglioramenti riguardano 8 SDGs (Sustainable Development Goals):
  • fame (Goal 2),
  • salute (Goal 3),
  • educazione (Goal 4),
  • uguaglianza di genere (Goal 5),
  • energia (Goal 7),
  • innovazione e infrastrutture (Goal 9),
  • consumo e produzione responsabili (Goal 12),
  • clima (Goal 13).


I peggioramenti invece riguardano 5 obiettivi:

  • povertà (Goal 1),
  • risorse idriche (Goal 6),
  • ecosistema terrestre (Goal 15),
  • pace e istituzioni solide (Goal 16)
  • e cooperazione internazionale (Goal 17).


Rimangono invariati 4 SDGs: lavoro (Goal 8), disuguaglianze (Goal 10), città (Goal 11) e tutela degli ecosistemi marini (Goal 14).

Rispetto alla condizione pre-pandemica, invece, nel 2021 l’Italia mostra miglioramenti soltanto per due Goal (Goal 7 e 8).
Il ritardo è un fattore realmente problematico al quale occorre dare risposte rapide poiché dall’agenda 2030 dipendono le economie ed il benessere dei Paesi aderenti.

I talloni d’Achille del Bel Paese

Il cambiamento climatico sta dimostrando con evidente drammaticità quanto l’Italia sia vulnerabile dal punto di vista della fragilità del territorio e della dipendenza dalle forniture energetiche estere.

Sta dimostrando inoltre quanto siano state insufficienti le politiche di sviluppo e cura del territorio.

La guerra Ucraina ha portato all’innalzamento dei prezzi di molti prodotti a causa dell’aumento delle materie prime e dell’energia e, paradossalmente, anche la conversione in chiave green (che riguarda l’edilizia, le infrastrutture, la produzione di beni chiave) sta subendo le conseguenze di un mercato internazionale instabile e stressato.

Riusciremo a raggiungere gli obiettivi fissati?

L’Europa sta lavorando molto per consentire una adeguata distribuzione delle risorse e perché esse coprano settori chiave (e vulnerabilità) di ogni Paese membro.

Molto però dipenderà dalle politiche nazionali, dalla loro programmazione e dalla capacità di utilizzare quei fondi per progetti continuativi, capaci di creare una moltiplicazione in ambito economico e sociale.

Il tessuto imprenditoriale italiano è notoriamente molto dinamico, le nostre aziende hanno sempre dimostrato una buona capacità di ripresa e progettazione e l’innovazione tecnologica è tra i nostri fiori all’occhiello, occorrerà per tanto avere obiettivi chiari e decisamente lungimiranti per il nostro futuro e indicare strade univoche da imboccare. 




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